Patior
Patior
In Patior non ho voluto rappresentare solo la Passione di Cristo come evento evangelico, ma anche un concetto più profondo, legato alla visione junghiana dell’animo umano. Cristo diventa l’archetipo del Sé, cioè la parte più autentica e completa di noi, quella che unisce luce e ombra, conscio e inconscio, spirito e materia.
La sofferenza che si percepisce non è soltanto fisica, ma simbolica. È il momento in cui la coscienza incontra la propria ombra e, accettandola, cambia.
Il contrasto tra i neri intensi e i punti luce del carboncino diventa il linguaggio visivo di questo conflitto interiore.
Attorno a Cristo ci sono tre soldati, ognuno con un volto diverso dell’animo umano.
Il primo è rigido, obbedisce senza pensare, rappresenta chi agisce senza coscienza.
Il secondo è più feroce, spinge e colpisce, è l’ombra che si manifesta nella crudeltà.
Il terzo, invece, arretrato e con le lacrime sul volto, è il momento in cui l’uomo comincia a capire, a sentire pietà. È il segno del risveglio.
In questo percorso si riflette il processo di individuazione di cui parla Jung: dall’inconsapevolezza, attraverso l’ombra, fino alla nascita della coscienza. Cristo è la figura che tiene insieme tutto, che trasforma il dolore in luce.
La Passione, in questa lettura, è una metafora del viaggio interiore, della morte e rinascita che ognuno vive quando accetta le proprie parti più nascoste.
Non è solo una scena sacra, ma un dramma umano, un momento in cui anche chi osserva può riconoscersi e ritrovare qualcosa di sé.
dimensioni: 100 x 70 cm
Tecnica: carboncino si carta
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